Le aziende, impareranno la sostenibilità dai Millenials

Pubblicato il: 16/09/2016 10:00
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Ecco perché grazie ai millenials le aziende impareranno la sostenibilità, i giovani ci salveranno.

Quattro parole bastano per riassumere come sta cambiando il modo di fare impresa ma soprattutto come sta cambiando l’atteggiamento stesso delle imprese piccole, medie e grandi.

Non che si possa sempre credere nello spirito buonista delle aziende (molto di moda ai tempi della crisi pubblicitaria dell’editoria), ma se è il mercato stesso a chiedere un cambiamento il rapporto domanda-offerta insegna che il coltello dalla parte del manico in buona parte lo possiedono i consumatori. E se i consumatori del futuro, grazie ad un’informazione sempre più virale e sempre più a portata di mano, chiedono e pretendono si può star certi che il profit, con tempi più o meno lunghi, obbedirà. L’importante è essere in tanti.

E i Millenials lo sono: il 92% di loro si dice incline ad acquistare prodotti e servizi da una società etica e ben il 66% è più propenso ad investire in un’impresa nota per il suo programma di responsabilità sociale d’impresa. Qui a dargli man forte sono anche gli over 35 che nel 48% dei casi la pensano esattamente allo stesso modo. Più in generale un consumatore su due, su scala mondiale, è disposto a pagare un prezzo più alto a patto che i prodotti e i servizi offerti dall’azienda siano frutto di un percorso di sostenibilità ambientale e mantengano un rapporto corretto nei confronti della società.

In questo il vecchio continente fa scuola: quattro cittadini dell’UE su cinque sono convinti che l’economia dell’Unione possa migliorare al migliorare delle pratiche di CSR del for profit.

Però, badino bene le imprese: questi nuovi consumatori hanno le idee molto chiare: sostenibilità non è solo sinonimo di salvaguardia delle risorse del Pianeta, ma significa, ed è qui che la CSR potrà compiere il suo salto in avanti, creare prodotti e servizi innovativi capaci di avere ricadute positive sull’intera comunità.

Insomma, il “progetto” di CSR impiantato alla meno peggio per fare, come si dice in gergo, un sano green-washing non basta, come non è sufficiente neppure limitarsi a nominare un responsabile della CSR all’interno dell’azienda (è il caso dell’80% delle società quotate) che spesso e volentieri rischia di venire percepito come un corpo estraneo dall’azienda e poco “influente” ai piani alti.

Ciò che serve a fare il salto di qualità si racchiude in tre parole: cambiamento, coesione, competitività.

Sono le medesime che il ha scelto per la sua edizione del 2016 interpretando appieno la fase di rapida trasformazione che sta interessando le economie reali ed il mondo macro-economico.

Ma correre verso il futuro non vuol dire lasciare indietro la cura delle relazioni. Anzi, senza cooperazione difficilmente si potrà raggiungere un traguardo di vero sviluppo.

Ecco perché la buona notizia che resta da scrivere è quella di un sistema imprenditoriale che divenga davvero capace di avere cura dei propri dipendenti, dell’impatto sui territori, sulla produzione e sulla ricaduta sociale. Tutto contemporaneamente.

Una missione che può apparire impossibile, ma che diverrà semplice se le aziende comprenderanno sino in fondo il valore di creare vere e proprie aree dedicate alla sostenibilità, integrate al corporate della struttura, in grado di compartecipare delle scelte e dei processi in ogni loro fase.