La sharing economy è già qui

Pubblicato il: 18/07/2016 09:00
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Condivisione, collaborazione, fiducia negli sconosciuti, disintermediazione sono possibili oggi grazie alla tecnologia ma soprattutto perché permettono di costruire modelli diversi da quelli che sembrano non funzionare più. Nella sharing economy si privilegia l’accesso al bene piuttosto che la proprietà ma si condividono anche alcuni valori. In particolare nei rapporti tra le persone la fiducia diventa un ingrediente essenziale in grado di combattere la diffidenza nei confronti di chi non si conosce.

1 - L’economia della condivisione e dello scambio è già realtà. Usare l’auto, oltre che aumentare l’inquinamento e il traffico delle città, è costoso? Molti scelgono il car sharing, il bike sharing, lo scooter sharing, il car pooling. Acquistare un ufficio per avviare una nuova attività è una spesa che non ci si può permettere? Sono tanti i giovani che affittano spazi nei coworking che consentono non solo di risparmiare ma anche di generare nuove forme di collaborazione. Gli alberghi sono troppo cari per potersi permettere una vacanza? Sono sempre di più le persone che trovano soluzioni diverse sui siti che propongono lo scambio casa. Oggi, forse complice la crisi, in rete si scambia di tutto: dai mobili ai vestiti fino al tempo e alle competenze.

2 - Il fenomeno è in continua crescita: secondo una recente ricerca commissionata da PHD Italia al Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università degli Studi di Pavia la sharing economy in Italia vale tre miliardi e mezzo di euro, pari allo 0,2% del PIL, una cifra che equivale al 10% circa delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2016. In una logica che è sempre più spesso peer to peer, la condivisione avviene a livello orizzontale facendo spesso cadere i confini tra chi produce, chi distribuisce e chi consuma.

3 - Le imprese che hanno capito l’importanza di questo fenomeno stanno trasformando i loro prodotti e servizi. Ma dovranno dimostrare di essere pronte a rinnovare il modello di business e il rapporto con il mercato. Perché le piattaforme collaborative si alimentano con la partecipazione dei cittadini che rispondono alle logiche con cui si riuniscono le persone non a quelle con cui comunicano le imprese. Le organizzazioni che vorranno sperimentare nuovi modelli dovranno quindi mettere al centro l’esperienza, generatrice di un reale valore, piuttosto che il prodotto o il servizio.

Il cambiamento è certamente significativo: produce risparmi economici, riduce le esternalità e i costi ambientali e sociali, offre maggiori opportunità di accesso a beni e servizi. A questi aspetti positivi si aggiungono benefici di carattere emotivo e relazionale. Essere collaborativi sta diventando un modo di essere ben al di là dei vantaggi economici che procura.