Acquacoltura e pesca: l’unico futuro possibile sta nella sostenibilità

Pubblicato il: 25/01/2017 09:00
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A fronte di una domanda di pesce in crescita e di un sovrasfruttamento delle risorse ittiche, il trend attuale e previsto per il futuro è un aumento dell’acquacoltura. E’ necessario, però, minimizzare l’impronta ecologica di tale pratica: se ne discute ad Acquafarm, mostra-convegno in programma a Pordenone il 26 e 27 gennaio.


Da un lato, c’è la domanda di pesce in crescita: secondo dati FAO, circa il 6,7% delle proteine consumate è di origine acquatica e, soprattutto in Asia, l’aumento del reddito procapite sta provocando un incremento della richiesta di prodotti ittici. E mentre medici, dietisti e la stessa FAO consigliano un consumo di pesce più elevato (60 grammi la settimana), la popolazione continua ad aumentare, prevedendo di raggiungere i 9,7 miliardi nel 2050 (8,5 nel 2030).


Dall’altro lato, c’è un mare in estrema sofferenza, in cui le risorse ittiche sono sovrasfruttate a livello internazionale, tanto da mettere in dubbio la sopravvivenza di numerose specie e da pretendere l’intervento di associazioni ambientaliste, impegnate in azioni di sensibilizzazione dei governi nei confronti di tali, pressanti problematiche.


E allora come fare per stabilire un equilibrio tra queste due opposte tendenze capaci, se ignorate, di compromettere il futuro di risorse fondamentali per il pianeta e per la stessa sopravvivenza dell’uomo? L’acquacoltura è da molti considerata una risposta. Lo scorso anno- comunica la FAO- è cresciuta del 5% e ha ormai superato la pesca come fonte di prodotti ittici: nel 2016 il consumo di prodotti ittici è stato, infatti, di 10,9 kg a testa da allevamento e 9,7 da pesca.


Un trend che si presume destinato ad aumentare, con una prevista produzione ittica al 2025 di 103 milioni provenienti da acquacoltura su un totale di 195 milioni di tonnellate.


Tuttavia, la soluzione è ancora bene lontana: neanche il settore dell’acquacoltura è esente da criticità dal punto di vista della sostenibilità ambientale. L’acquacoltura necessita, infatti, di un serio calcolo dell’impronta ecologica e le modalità stesse con cui mettere in pratica questa tecnica, ad esempio l’alimentazione da riservare ai pesci allevati, sono attualmente oggetto di discussione.


A lato di conseguenze come il trasferimento di malattie e parassiti dagli esemplari allevati a quelli selvaggi, gli scarichi di acque contaminate, l’introduzione di specie esotiche dannose e la presenza nei pesci e nei molluschi di residui chimici e farmacologici- più limitati rispetto al passato a causa dell’introduzione di nuove tecnologie e protocolli di sicurezza- l’acquacoltura presenta un notevole impatto derivante dall’utilizzo di mangimi e olio di pesce che non va assolutamente sottovalutato.


Buona parte delle specie allevate è carnivora e necessita degli ingredienti che si trovano nella carne di pesce per dare al mercato un prodotto appetibile. Tanto che, ad oggi, il 15% del pesce pescato viene destinato a usi non alimentari e oltre il 70% di tale quantità complessiva serve per l’acquacoltura. Per forza di cose, poi, si stima che in Europa l’incremento della produzione ittica da acquacoltura entro il 2030 comporterà un aumento del fabbisogno di mangimi del 46%.


Di qui un ulteriore interrogativo: come fare per evitare tale paradosso? L’obiettivo di medio e lungo termine è sostituire la farina di pesce con farine di altro tipo (vegetali o d’insetto) e l’olio con quello non proveniente da pesce, essenzialmente da microalghe. Allo stesso modo, una corretta informazione rivolta al consumatore può educarlo a preferire specie non carnivore (il cui allevamento è certamente meno impattante dal punto di vista ambientale), neglette e/o con il ciclo vitale breve (in modo da garantirne la riproduzione).


Un’azione complessa, che deve coinvolgere tanto la ricerca, quanto gli operatori di settore a tutti i livelli, quanto ancora il destinatario finale: l’auspicata “Blue growth”, basata sul “Codice per la pesca responsabile” della FAO, si concentra appunto sul duplice concetto di implementare una pesca sostenibile di pari passo con uno sviluppo altrettanto sostenibile dell’acquacoltura.


A questi temi e alle loro declinazioni sarà dedicata la mostra-convegno Aquafarm, in programma il 26 e 27 gennaio 2017 nel quartiere fieristico di Pordedone. L’evento, di cui Nonsoloambiente è media partner, si rivolge a un pubblico professionale che gravita attorno al bacino del Mediterraneo (Italia, Slovenia, Croazia, Albania e Area Balcanica, Malta, Grecia, Turchia, Spagna e Portogallo), servendo da spazio e pretesto per dibattere sul presente e il futuro dei nostri mari. Un futuro che, se vuole esistere, deve necessariamente trovare il modo di essere sostenibile.