Circular e sharing economy: due fenomeni in crescita

Pubblicato il: 19/04/2017 10:00
SecondhandEconomy
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Articolo a cura di Jessica Simonetti

La second hand economy si fa strada in Italia: grazie all’impiego delle nuove tecnologie e dello sviluppo web, il fenomeno ha visto una crescita più che significativa negli ultimi anni.

A confermare il trend una ricerca di Doxa commissionata da Subito.it, il celebre portale online dedicato alla vendita e allo scambio di oggetti usati. La ricerca è stata presentata in una conferenza a Milano, cui ha preso parte anche Luciano Canova, economista e divulgatore scientifico dell’Università di Pavia.

“Innanzitutto Circular is not Sharing: questi due termini sono spessi usati insieme, a volte si tende addirittura a convergerle. Se da un lato la sharing economy cerca di cambiare le caratteristiche del possesso, della proprietà, il termine circular è usato per definire un’economia non lineare, un prolungamento del cicli di vita del prodotto. Secondo punto: l’economia circolare si prefigge proprio di efficientare le proprie spese. Il consumatore in questo caso non per forza spende di meno, ma rende più efficiente, appunto, la sua spesa”. Luciano Canova, Università di Pavia

Comprendere questa differenza è essenziale, perché alla base di queste forme di economia c’è una vera e propria rivoluzione valoriale, che coinvolge in tutto e per tutto il consumatore. “I risparmi – continua Canova – vengono sempre più spesso investiti per un altro tipo di spesa, quella esperenziale”. Ciò che emerge è che ad oggi, gli utenti, sono più interessati a “consumare” esperienze piuttosto che prodotti. I numeri relativi alla second hand economy lo ribadiscono: il 47% della popolazione italiana maggiorenne ha acquistato o venduto prodotti usati. Tra questi, il 15% – circa 3 individui su 10 – lo ha fatto online.

Infatti, la tecnologia ha avuto un ruolo chiave in questo processo: la compravendita su internet vale 7,1 miliardi di euro (+ 300 milioni rispetto al 2015) e riguarda soprattutto il settore motori (5 miliardi di euro), seguito dai prodotti per la casa e la persona (984 milioni), dall’elettronica (647 milioni) e dal settore hobbystico (465 milioni).

L’obiettivo del consumatore non è solo quello di risparmiare, ma anche di responsabilizzarsi nel consumo. Questo rende la circular economy un fenomeno particolarmente interessante da leggere anche dal punto di vista culturale. Il 38% dei consumatori intervistati ha dichiarato di acquistare oggetti usati per togliersi uno sfizio senza pensarci troppo (+4% rispetto al 2015). Il 16% del totale è invece rappresentato dai Millennial, abituati a comprare e vendere oggetti online; un’ulteriore 10% è occupato da cosiddetti “smart chic”, vale a dire gli amanti dei pezzi vintage.

Si attesta al 10% il numero di consumatori con un approccio “ideologico” alla second hand economy, cioè coloro che ne fanno una questione etica. La diffusione del modello circolare ha generato interesse anche nei governi e nelle istituzioni locali. “In Svezia hanno proposto incentivi fiscali nei confronti di chi ripara e ricicla oggetti e anche la Cina sta cercando di sfruttare al meglio i vantaggi di questo modello”, ha dichiarato Canova.

“Anche per questo è necessario affiancare nuovi indicatori al solo prodotto interno lordo, che per sua natura non è in grado di valutare e apprezzare la crescita di un fenomeno diverso come quello dell’economia circolare”.