Il futuro dei fertilizzanti è l’economia circolare

Pubblicato il: 10/10/2016 10:00
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Articolo a cura della Redazione

Un gruppo di lavoro nominato dalla Commissione europea sta mettendo a punto una riforma del regolamento 2003/2003 con l’obiettivo di aumentare la frazione organica. La produzione e l’utilizzo di fertilizzanti, al di là dell’obbiettivo finale di migliorare la resa di terreni coltivabili, ha anche l’indiscutibile merito di rimettere in circolo materiali (sottoprodotti di origine animale e vegetale, rifiuti organici, fanghi di acque reflue, eccetera) che, diversamente, sarebbero da smaltire. Vista l’importanza rivestita anche a livello economico, il legislatore europeo da sempre si è occupato di disciplinarne libera circolazione sul mercato comunitario, da ultimo con il regolamento CE 2003/2003.

Tuttavia, questo provvedimento riguarda esclusivamente i fertilizzanti di origine sintetica e minerale, delegando a ciascun stato membro la regolamentazione per le tipologie organiche (complessivamente il 50% del mercato), per le quali, quindi, non esiste ancora di fatto un mercato unico europeo, con conseguenti ostacoli alla libera circolazione. Per sanare questa evidente lacuna, la Commissione europea sta mettendo a punto una nuova normativa quadro, con un duplice scopo: armonizzare il mercato europeo, da un lato, e incentivare la produzione di fertilizzanti a partire da materia organica secondo i principi dell’economia circolare, dall’altro. Nel contesto europeo, l’Italia occupa un ruolo di primissimo piano in materia di fertilizzanti, al punto che il gruppo di lavoro nominato dalla Commissione europea per la revisione del regolamento 2003/2003 si è ispirato al decreto legislativo 29 aprile 2010, n.75 (che del regolamento comunitario costituisce il recepimento).

Peraltro, la legislazione italiana sui fertilizzanti è in costante aggiornamento non solo per regolamentare l’immissione (e l’esclusione) sul mercato dei prodotti, ma anche per recepire le novità derivanti dal mondo della ricerca e della normativa tecnica; non a caso, l’ultimo aggiornamento in ordine di tempo – l’articolo 25 del recente collegato ambientale alla legge di stabilità 2014 (legge n. 221/2015) – ha inserito tra i fertilizzanti «i rifiuti in plastica compostabile certificata a norma UNI EN 13432:2002 compresi i prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali e assimilati, previo idoneo processo di sanificazione, qualora necessario».

Ma quali sono le potenziali ricadute positive dell’entrata in vigore del futuro regolamento?

Innanzitutto, le aspettative più forti riguardano l’ambiente, a partire, come detto, dall’obiettivo di aumentare il recupero di scarti organici. Da questo dovrebbe derivare una diminuzione di rilascio di CO2, fatto questo che collocherebbe il nuovo dispositivo nell’alveo dei provvedimenti legati al protocollo di Kyoto sulla riduzione dei gas serra, a differenza dell’attuale dispositivo di legge. Un’altra conseguenza potrebbe essere una maggiore tutela delle risorse idriche e del suolo come anche della salute umana per effetto della diminuzione di metalli pesanti in circolazione; viceversa, dovrebbe aumentare il tasso di disponibilità del fosforo, elemento di pregio non solo ambientale, ma anche economico.

Ma oltre all’ambiente, altri sarebbero i settori che potrebbero trarre vantaggio da un maggiore apporto di fertilizzanti organici: la produzione agricola (con l’indotto a essa legato), la ricerca scientifica e il commercio di prodotti sicuri e competitivi. In conclusione, al centro del nuovo regolamento non ci sarà solo l’ambiente, ma anche la tutela dei consumatori, una maggiore flessibilità del mercato e un aumento del livello dei controlli; non a caso, il provvedimento, una volta entrato in vigore, integrerà la disciplina comunitaria sulla restrizione all’utilizzo delle sostanze chimiche.